Ci vogliono atti di coraggio. Sempre ed in ogni luogo!
Oggi è il 23 maggio di diciassette anni dopo. Giovanni Falcone fu assassinato di pomeriggio assieme a Francesca, sua moglie, e ai ragazzi della sua scorta. Per quelli della mia generazione è un giorno diverso. Invita a pensare che cos’è e cosa dovrebbe essere (per un cittadino, un giornalista, un magistrato, un poliziotto, un politico e per chiunque altro) il coraggio, la forza della verità e la sua difesa, l’impegno civile, la giustizia, il rispetto che si deve sempre dare agli altri se si vuole costruire qualcosa di buono.
Il coraggio che ci vuole nella comunità dei miei natali
Per un’accidentale coincidenza di date e di giorni, questo 23 maggio del 2019 precede di appena tre giorni il giorno del voto. Sicché la mia comunità d’origine, in una cittadina vesuviana della provincia di Napoli, sta vivendo il turbinio di una campagna elettorale che, come sempre, si tinge di tante parole, di programmi, di bugie e mezze di verità, di entusiasmi, faziosità, di giovani che si affacciano, per la prima volta, ad una competizione politica e che andrebbero sempre incoraggiati perché solo la bella politica può cambiare il mondo in meglio.
Intanto qui c’è chi sta cercando voti promettendo il “rimborso” di appena 25 euro per andare a prendere a casa con l’auto la persona che deve votare, farla votare il candidato a sindaco che “offre” il rimborso e la riaccompagna a casa comodamente come fosse un taxi o un servizio navetta. Ho pregato di venire con me in Procura a denunciare l’offerta avuta la persona che a cui hanno rivolto l’invito ma l’omertà, da queste parti, che è sempre il contrario del coraggio, ha sempre molta presa. Non ha accettato l’offerta dei 25 euro ma nemmeno il mio invito ad andare in Procura. Resta il fatto che qualcuno va in giro ad offrire ad altre persone 25 euro per un voto da dare al candidato sindaco che offre quel servizio. Chiunque sia e a qualsiasi candidato sia collegato è un fatto squallido.
Qualcuno mi racconta che qui ci sono, come in effetti ci sono, alcuni giovani, già candidatisi in passato “che, questa volta, hanno, in maniera sincrona e strana, candidato i loro padri per una strategia ben studiata che, in caso di vittoria, vedrebbe i padri in consiglio comunale (che si deve sempre blindare perché è lì che si contano i voti della maggioranza) e i figli che assai probabilmente faranno gli assessori”. Mi pare un ottimo modo per occupare e blindare davvero il potere. Qui ci sono poi le lotte solite ed intestine anche negli stessi schieramenti ma sono capitoli ed argomenti del gioco della politica nella quale si affermano e cadono equilibri ogni volta nuovi. E, siccome la politica deve vivere di consensi che si chiamano voti, a tutti i candidati fa sempre gioco alzare polveroni, nutrire un clima di scandali e sospetti, interessi nascosti ed accuse reciproche. Il coraggio qui è nelle mani dei cittadini a cui si chiede lucidità, distacco, saggezza per poter votare ciò che è meglio votare.
L’esperimento che ho fatto ieri mattina
Ieri mattina, per circa un’ora, ho deciso di mettere in rete qualcosa che a quei cittadini avrei dovuto far sentire già qualche anno fa se si pensa che a parlare con me, in una telefonata registrata, c’era un sindaco eletto da soli sette mesi, ora candidato a sindaco, che nove anni fa, quando mi fece la telefonata, fu da me letteralmente “graziato” nonostante le minacce dirette ed esplicite che mi aveva rivolto. Mi disse (in un lessico anglosassone) “Non ti permettere mai più di parlare di me che ti faccio uscire la merda dalla bocca” e lo disse da sindaco ad uno che per mestiere aveva fatto, faceva e fa il giornalista. A convincermi, allora, di non recarmi in Procura con il file di quella telefonata di minacce, già pronto, fatta dagli uffici del Comune e da chi era sindaco in quel momento, ora candidato a sindaco, non furono le mediazioni garbate, quantunque improprie, delle persone che, quello stesso giorno, quel sindaco pensò di mettere in campo per fermare la mia denuncia. Né fu mia viltà, paura o codardia. Avevo avuto a che fare con personaggi di ben altro calibro se penso ai libri da me scritti, dieci anni prima, su e con Raffaele Cutolo, Licio Gelli e diversi altri. Quel giorno confidai che, nonostante il personaggio avesse già fatto minacce ad altre persone e quello era il suo stile, poteva accadere che, da quel momento, grazie magari anche al mio ammonimento, che gli feci davanti a testimoni autorevoli, poteva starci un “cambiamento”, una possibile catarsi, la capacità di un ravvedimento interiore che tutti possiamo avere in ogni momento verso il quale, chiaramente, io speravo di indirizzarlo già quel giorno non avendo mai avuto né verso di lui né verso altri (anche quelli che dicono di me, assieme a lui, le cose peggiori) rancori di sorta, avversità o opposti interessi politici. Le mie spalle sono molto larghe e la cultura che mi ha forgiato si ispira ad altre cose che non all’odio, al rancore o all’esercizio idiota dell’insulto. La mia comunità di nascita, se fossi andato in Procura, quel giorno, con quella telefonata – pensai allora – sarebbe rimasta di sicuro senza sindaco già sul finire del 2010 e a soli sette mesi dopo averlo eletto. Risucchiata ancora di più dal clima, creato da quel sindaco, che si era fatto torbido e teso sin dalla campagna elettorale di quell’anno. Qualche volta il coraggio ti dice persino di essere prudente. Poi ti accorgi che certe persone nascono così, abituati ad usare da sempre i toni che hanno e usano. Ma raccolgono, per fortuna e quasi sempre, ciò che la prepotenza cerca e merita di più. Nel 2014 quello stesso sindaco veniva intercettato da un imprenditore perbene a cui chiedeva una tangente di cinquemila euro al mese e dai Carabinieri di Castello di Cisterna che il 14 dicembre lo arrestarono con la tangente in auto. Il 18 ottobre del 2017 veniva condannato in primo grado a 14 mesi e 5 anni di interdizione dai pubblici uffici ma, per gli effetti della legge, essendo la pena al di sotto dei due anni, riusciva a ricandidarsi nuovamente in queste elezioni nonostante la condanna di primo grado. Intanto, non c’è stato un solo momento in questi anni in cui, invece di sentire da lui parole di saggezza e di ravvedimento, io non abbia sentito parole di fierezza e di spavalderia. Con questi stessi toni siamo arrivati al 23 maggio del 2019.
Perché ho lasciato solo per un’ora ciò che i cittadini dovevano sentire
Ieri mattina volevo far capire a quei cittadini perché non è stato possibile fare un confronto pubblico civile e per quale motivo a cambiare tono e stile doveva essere lui e non certo io (che non faccio il politico e non chiedo di essere sindaco) per riuscire a fare davvero un confronto pubblico civile sui temi (tutti) del passato, del presente e del futuro. Ieri volevo condividere con loro, anche solo per un’ora, la voce ed i toni della prepotenza e a considerare coloro che sono riusciti a sentirla, in quell’ora, devo pensare che anche l’indignazione o la solidarietà è una forma vera di coraggio. Per questo ringrazio, tra gli altri, Girolamo De Simone, Anna Granata, Grazia Tatarella, Maddalena Dobellini, Gabriella Bellini, Marina Pepe, Giuseppe Fornaro, Elisa Iorio, Francesco Scippa, Rossella Beneduce, Teresa Tufano e tanti altri che mi hanno dimostrato solidarietà e sostegno o anche solo attenzione alla gravità di una telefonata quantunque datata. Avevo meditato per qualche giorno, con la mole di prove che conservo, di documenti, registrazioni, intercettazioni raccolte nell’esercizio dello scomodo mestiere che faccio, su cosa poteva essere più corretto e più giusto fare, a poche ore dal voto di domenica, verso quei cittadini, persino nei confronti della stessa persona che ha usato contro di me i toni della prepotenza e delle minacce (in quella telefonata), dell’insulto e dell’offesa gratuita nei diversi incontri politici avuti in questi anni e anche in questa campagna elettorale. Ma ho preferito, anche questa volta, in piena e totale libertà, affermare il mio stile di vita: nessuna vendetta da consumare, nessun livore da far vivere, nessun nemico da abbattere se non atti da condannare con fermezza. E confidare, persino, nove anni dopo, in un ravvedimento che non c’è mai stato ma che chiunque e in ogni momento può sempre avere, anziché pensare, come pure sospetto, che “chi nasce tondo non muore quadro”. La mia comunità di nascita ha bisogno di una comunità da costruire e non di clan o nemici da contrapporre. Né amo speculare sui temi della legalità per ergere me stesso a paladino unico di giustizia. La giustizia la dobbiamo costruire assieme. Dove sta il male e dove, invece, sta il bene dovranno essere i cittadini a capirlo senza l’ausilio e l’evidenza di una telefonata, a poche ore dal voto, che resta in rete per ora da me secretata ma pronta, in ogni momento se occorre, ad una pubblica condivisione. Mi perdoneranno, quindi, coloro che non hanno potuto leggere il mio articolo e, soprattutto, ascoltare quella telefonata che ho deciso, un’ora dopo, di togliere dalla rete. Mi perdoneranno anche quelli che cercavano, senza trovarlo, il mio account facebook, dedicato alle vicende locali, che ho voluto oscurare per un giorno quasi fosse metafora per chi tenta sempre di oscurare gli altri.
Oggi ritorno in rete, anche con questo profilo “locale”, nel giorno del ricordo di Giovanni Falcone, di Francesca Morvillo e della loro scorta. Nei luoghi dei miei natali, fra tre giorni, assieme al voto per le europee, dovranno essere i cittadini a rifiutare la prepotenza dei prepotenti locali con il voto di domenica. Anche quando questa prepotenza, questo stile d’arroganza si riesce a nascondere bene in campagna elettorale ma la riconosci subito e sempre nella stessa identica spavalderia e, persino, negli slogan che usa. I cittadini dovranno mandare a casa chiunque dice bugie, chi non è capace di chiedere scusa, chi usa toni arroganti, chi è spavaldo, chi denigra l’avversario, chi agisce solo per odio, vanità o interesse personale, chi non accetta l’evidenza di una condanna. Chi offende di continuo quelli che considera i suoi nemici. Chi si permette di intimidire i giornalisti scomodi, come lo è stata Gabriella Bellini, come lo sono stato io. O di fare telefonate di minacce ad un giornalista che nemmeno si occupava di lui in quel momento.
In questi ultimi anni, per essere libero e usare coraggio, ho fatto gesti estremi e chiari. E scelte che hanno cambiato la mia vita. Ho raccontato con atti e documenti la verità. Ho pubblicato due libri su questa insulsa vicenda che non è ancora passata e raccolto la testimonianza video dell’imprenditore a cui in molti dovrebbero dire solo “grazie”. Ho esortato quegli stessi cittadini della mia comunità di nascita ad usare coraggio, a rifiutare il puzzo del compromesso e della corruzione. A non farsi imbrogliare da chi racconta il contrario della verità e devia, letteralmente, il percorso di giovani o cittadini che non sanno di seguire l’inganno iniettando veleno ed astio nel clima della comunità cittadina. Ho apprezzato gli atti di coraggio di tante altre persone che ho conosciuto, raccontato, stimato. Ora il voto di domenica dirà ciò che vorrà dire. Magari non per 25 euro o per un candidato che racconta bugie. Che sia, allora, un voto libero, in grado di emulare gli atti di coraggio che la vita ci chiede ogni giorno e in ogni luogo.