Pier Paolo Pasolini, ritratto inedito con “fenesta ca luciva”

Pier Paolo Pasolini assieme ad una delle più belle e struggenti melodie napoletane cantata dalle voci di mezzo mondo. Un abbinamento inedito ma geniale. Lui che per molti è il Santo patrono degli Intellettuali italiani e di tutti i profeti scontenti sulle note e i versi di una poesia nella lingua partenopea, epicentro di marginalità esistenziali. Assieme perché disperata­mente attuali o perdutamente inattuali, tanto che su di loro (poeta e lirica) si accaniscono infinite autopsie, che coinvolgono i “corpi”, i libri, le idee politiche, la narrazione delle storie disperate, il mistero ed il fascino di vita e morte dentro cui ci dipaniamo. Ho voluto così consegnarli alla condivisione della rete dentro l’officina d’idee e visioni che ho da poco aperti.

Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini nacque a Bologna nel 1922 da madre friulana e padre romagnolo. Tra il 1943 e 1949 visse a Casarsa, in Friuli, paese natale della madre, dov’era fuggito in seguito all’8 settembre. Fin da giovane dimostrò il suo interesse per la cultura popolare e i dialetti italiani. Del 1942 è la sua raccolta di poesie in friulano Poesie a Casarsa. Durante il suo periodo friulano fondò l’Academiuta de lenga friulana. Nel 1945 viene ucciso il fratello Guido, partigiano della brigata Osoppo. Nello stesso anno Pier Paolo Pasolini si laurea in lettere a Bologna. Nei primi anni dopo la guerra Pasolini si iscrive al PCI di Udine, da cui verrà però espulso nel 1949, a seguito di accuse di corruzione di minori ed atti osceni in luogo pubblico, che si riveleranno poi infondate.
Nel 1950 si trasferisce con la madre a Roma. Nel 1953 lavora a un’antologia di poesia popolare per la casa editrice Guanda, e nel 1954 pubblica la sua raccolta di poesie in friulano, La meglio gioventù, con cui vince il premio “Giosuè Carducci”. Nello stesso anno collabora alla sceneggiatura del film La donna del fiume, avvicinandosi al cinema. Nel 1955 pubblica Ragazzi di vita, romanzo sulla vita dei ragazzi delle borgate romane, con cui è entrato in contatto dal suo arrivo nella capitale. Il libro ottiene un grande successo di pubblico, ma viene accusato di oscenità, a causa del tema della prostituzione maschile

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Pasolini subì un processo per pornografia da cui venne assolto, grazie anche alle testimonianze di intellettuali dell’epoca, come Giuseppe Ungaretti. Nello stesso anno fondò la rivista “Officina”.
Nel 1957 esce la raccolta di poemetti Le ceneri di Gramsci, duramente criticato da intellettuali vicini al partito comunista, ad eccezione di Italo Calvino. Nel 1959 Pasolini concluse Una vita violenta, un romanzo ancora una volta incentrato sui ragazzi delle borgate, con risvolti politici dove il protagonista della storia si considera inizialmente fascista, in seguito si avvicina ai democristiani e infine al PCI.

Fenesta ca luciva

Con i versi del 1500 di autore ignoto e la musica di ignoto, “Fenesta ca luciva” fu riscritta nel 1800 da Vincenzo Bellini. Così dicono per via della somiglianza con la melodia dell’Aria finale della Sonnambula. Ma sarebbe più logico pensare che sia stato il catanese a ispirarsi al canto popolare preesistente. «Il testo di Fenesta ca luciva – si legge nella ricerca storica che ne è stata fatta – fu rielaborato dal tipografo poeta Mariano Paolella nel 1854. “Fenesta ca luciva” trae origine da un canto siciliano, che narra la storia della baronessa di Carini. Qualcuno ne documenta addirittura il plagio musicale. Il fatto realmente avvenuto è la morte di Laura La Grua assassinata dal padre e dal marito con la complicità di un frate del vicino convento. La ragazza era amante di Ludovico Vernogallo, cavaliere di una famiglia rivale. Perciò fu preparato un agguato. Quando l’ignobile frate si accorse che gli amanti stavano assieme, avvisò don Cesare Lanza, il padre della giovane, che si precipitò quella notte al castello di Carini e, fatto circondare il castello dai suoi armigeri, vi irruppe, li sorprese a letto e li uccise. Correva l’anno 1563. Si dice che da allora il fantasma di Laura vaghi senza pace nelle stanze del castello di Carini, e si intraveda di notte attraverso una finestra “ca lucive” (che splendeva) e ora non splende più».

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