
Se c’è qualcosa che non cambia nel tempo è la meraviglia dei bambini. La loro capacità di vedere, molto meglio degli adulti, l’infanzia del mondo e le sue infinite possibilità: lo stupore, la strade nuove, i mille soli che possono nascere ogni giorno, la visione di un futuro privo di pesi e di nostalgie. La “teoria dei cento linguaggi” ha origine da una poesia di Loris Malaguzzi. Una poesia racconta sempre qualche verità universale attraverso alcune “immagini” particolari e il linguaggio delle metafore. Sicché va compresa ad un livello più ampio e più profondo dell’interpretazione puramente intellettuale o pedagogica. “I cento linguaggi” di cui scrisse e teorizzò Loris Malaguzzi, tra i migliori pedagogisti italiani non si limitano al raggio d’azione della scuola o del contesto specifico, ma riguardano l’idea stessa di bambino e, in fin dei conti, di essere umano. Da quel seme, nel secolo scorso, è nata la Fondazione Reggio Children guidata per anni da Carla Rinaldi, scomparsa recentemente. Un modello di scuola e di pedagogia da cui hanno appreso in tutto il mondo modelli scolastici di altri Paesi che hanno avuto il merito di applicare alla lettera ciò che aveva scritto e pensato Loris Malaguzzi.
di francesco de rosa
Basterebbe riportare ciò che di Loris Malaguzzi si è detto in questi anni. Nel 1991 la rivista Newsweek lo ha definito uno dei 10 migliori approcci educativi al mondo. Famoso in tutto il globo rimane ancora oggi quasi sconosciuto a molti italiani (come spesso capota con i migliori in molti campi del sapere). Come accadde per anni a Maria Montessori a cui lo accomunò il metodo. Eppure quel che rende il Reggio Emilia Approach tanto straordinario ed attuale è qualcosa di cui non dovremmo mai stancarci di parlare quando si vuole cercare un metodo educativo, di crescita umana e sociale dei più piccoli che diventano gli adulti nel giro di pochi anni.
L’approccio educativo del tutto innovativo che Loris Malaguzzi ha dato al mondo nel secondo dopoguerra è una una filosofia “reggiana” (dacché nata a Reggio Emilia) che ci offre un’immagine di bambino quale soggetto infinitamente competente, creativo ed intraprendente, che necessita di tempo e spazio per poter esprimere pienamente se stesso. Il bambino è il costruttore della propria conoscenza e viene incoraggiato dall’ambiente ad una continua esplorazione ed interrogazione. L’adulto deve quindi porsi nei suoi confronti con un atteggiamento improntato al più profondo rispetto: deve ascoltare attentamente il bambino, dargli fiducia e fornirgli le risorse e un ambiente adeguato a stimolare l’osservazione della realtà, a porsi domande su di essa e a trovare autonomamente le risposte. La conoscenza non è solo il frutto di un processo cognitivo, ma ha una forte connotazione emozionale e relazionale: la pratica educativa prevede la realizzazione di “progetti” sulla base degli interessi dei bambini, che vengono incoraggiati a collaborare e lavorare tanto alla loro ideazione quanto nella realizzazione. Scopo di questo approccio è quello di offrire le condizioni per una crescita armoniosa del bambino, affinché egli sviluppi pienamente tutte le sue facoltà e diventi un cittadino consapevole e partecipe.
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I 100 linguaggi del bambino
A differenza delle realtà educative e scolastiche tradizionali, che tendono a privilegiare l’intelligenza linguistica e quella logico-matematica, la filosofia reggiana enfatizza l’importanza di valorizzare i “100 linguaggi” del bambino. Per Malaguzzi il bambino è dotato di cento linguaggi, che sono plurimi accessi alla realtà e al mondo: per questa ragione gli deve essere permesso di attivare contemporaneamente più modalità espressive, esercitando contestualmente le mani, il pensiero e le emozioni. Per questo i diversi progetti attingono ai vari linguaggi del bambino (verbale, musicale, spaziale, corporeo…) e fanno sì che questi entri in contatto con più materiali e più punti di vista, osservando, manipolando e sperimentando. Uno degli elementi caratterizzanti dell’approccio reggiano è il ricorso all’Atelier.
L’Atelier (…) ha prodotto un’irruzione eversiva, una complicazione e una strumentazione in più, capaci di fornire ricchezze di possibilità combinatorie e creative tra i linguaggi e le intelligenze non verbali dei bambini, difendendoci non solo dalle logorree (…) ma da quella pseudocultura della testa-container che (…) è il modello che dà al tempo stesso la maggiore impressione di progresso culturale e la maggior depressione dal punto di vista dell’aumento effettivo della conoscenza”.
L’Atelier è il luogo di eccellenza per l’espressione e la valorizzazione dei cento linguaggi: è un ambiente deputato alla ricerca, all’invenzione e all’empatia. L’atelierista, un educatore con competenze artistiche e tecniche, progetta e offre contesti in cui realizzare esperienze straordinarie: giochi di luce, immagini da indagare, materiali da esplorare e combinare. In tutto questo il compito dell’educatore è quello di essere una figura presente ma non invasiva. L’imperativo categorico è quello di non sostituirsi mai al bambino nella sua attività di esplorazione e autocostruzione di conoscenza. Egli deve essere rispettato e lasciato libero di esplorare, toccare (o non toccare), sperimentare. Lo spazio, quindi, gioca un grande ruolo nel percorso di apprendimento (al punto da essere definito “terzo insegnante”): esso deve essere invitante, vivo, stimolante, provocante e polivalente.
La storia successiva della scuola italiana e dei luoghi dedicati ai bambini nelle nostre città ha molte ombre e poche luci. L’agire dei grandi impone ai più piccoli prassi e logiche del tutto dannose per la creatività dei bambini. Un danno che si riverbera di brutte cose in ciò che quei bambini poi diventano da adulti nel lavoro, nelle loro famiglie, nei legami affettivi.
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Loris Malaguzzi, la storia dei nidi e delle scuole dell’infanzia
(dal racconto di Reggio Children Approach)
La storia dei nidi e delle scuole dell’infanzia comunali di Reggio Emilia è profondamente intrecciata con la vita e il pensiero di Loris Malaguzzi. Loris Malaguzzi nasce a Correggio il 23 febbraio del 1920, cresce a Reggio Emilia dove frequenta l’Istituto Magistrale e si laurea in Pedagogia a Urbino nel 1946. Durante la guerra, insegna nelle scuole elementari e medie a Reggio Emilia e in alcuni comuni della provincia reggiana (Reggiolo, Sologno, Guastalla). Un’esperienza educativa e umana importante, che darà forma alle sue scelte successive.
La formazione di Malaguzzi è eclettica: comincia a scrivere come giornalista dalla fine degli anni ’30 e nel dopoguerra collabora con il Progresso d’Italia e l’Unità, si interessa di teatro, cinema, arte, sport, politica, educazione, e partecipa attivamente alla nuova vita culturale di Reggio Emilia. In questi anni s’iscrive al Partito Comunista Italiano. Dalla fine del 1946 è insegnante e poi Direttore del Convitto Scuola della Rinascita a Rivaltella (Reggio Emilia). I convitti sono scuole create dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e dal Ministero del Lavoro per consentire agli ex combattenti partigiani e ai prigionieri tra i 16 e 24 anni di imparare un mestiere. Attraverso il Convitto Scuola comincia a tessere le prime relazioni con la pedagogia internazionale, si interessa a come altrove si discuta di educazione e partecipa ai primi incontri di pedagogia europei del dopoguerra come membro della FICE (Fédération Internationale des Communautés d’Enfants).
La scuola è costretta a chiudere nel 1952. Vede crescere nelle campagne reggiane le esperienze educative autogestite dall’UDI (Unione Donne Italiane), a partire dalla scuola di Villa Cella aperta nel 1947: la grande partecipazione e solidarietà delle persone più diverse e la grande attenzione per l’infanzia avranno una profonda influenza sulle sue scelte future e sul suo pensiero. Sono tante e diverse le letture, non solo pedagogiche: l’Italia si apriva finalmente, dopo gli anni della dittatura fascista, alla cultura internazionale e Malaguzzi, come molti giovani studiosi, ne coglie le molte opportunità. Segue a Roma presso l’Istituto Nazionale di Psicologia del CNR – Consiglio Nazionale delle Ricerche – uno dei primi corsi di Psicologia Clinica, materia bandita durante il fascismo. Nel 1951, in qualità di psicologo, è tra i fondatori del Centro Medico Psico-Pedagogico comunale di Reggio Emilia, dove lavorerà per quasi vent’anni con la dott.ssa Marta Montanini e il dott. Carlo Iannuccelli. Il Centro, rivolto a bambini e ragazzi “con handicap e problemi scolastici”, diventa un contesto speciale dove mettere a confronto e sviluppare il suo pensiero intorno all’educazione. All’interno del Centro viene aperta una piccola scuola intitolata a Giuseppe Lombardo Radice, che accoglie anche i ragazzi altrimenti destinati all’Istituto De Sanctis all’interno del manicomio San Lazzaro. La scuola diventa una sorta di laboratorio sperimentale, con un’attenzione particolare rivolta alla motricità e ai linguaggi espressivi.
All’inizio degli anni ’60 Malaguzzi sperimenta e mette alla prova le sue idee anche nella Colonia estiva del Comune di Reggio Emilia a Cesenatico, da subito rinominata Casa di Vacanza, che organizza con l’amico e collega Sergio Masini per i Comuni di Reggio Emilia e di Correggio. Le attività del Centro Medico Psico-Pedagogico e l’esperienza delle Case di Vacanza spesso s’intrecciano. Quando nel 1963 il Comune apre la prima scuola dell’infanzia comunale, la Scuola Robinson Crusoe, la carriera di Malaguzzi è già ricca e variegata, con esperienze lavorative nell’educazione per la prima infanzia, primaria e per adulti, nonché in servizi psicologici per studenti e colonie estive.
In qualità di psicologo del Centro Medico Psico-Pedagogico del Comune, Loris Malaguzzi viene chiamato a collaborare al progetto educativo delle scuole dell’infanzia. L’interesse da parte della città nei confronti delle nuove scuole cresce velocemente e Malaguzzi contribuisce a fare delle scuole dei luoghi di sperimentazione e innovazione. Parallelamente all’esperienza educativa reggiana, dal 1968 al 1974 Malaguzzi è consulente pedagogico delle scuole dell’infanzia del Comune di Modena.
In questi anni cominciano i primi incontri e aggiornamenti internazionali, lo scambio con le altre esperienze italiane e si sviluppa la relazione con il Centro Educativo Italo-Svizzero; quando negli anni ’70 vengono aperte la maggior parte delle scuole e dei nidi comunali, il progetto culturale ha già preso forma. Nel 1971 apre il primo nido d’infanzia comunale dedicato a Genoeffa Cervi, madre dei sette fratelli Cervi, partigiani nella Resistenza durante la seconda guerra mondiale. Successivamente Malaguzzi inizia a coordinare i servizi per l’infanzia e l’équipe pedagogica.
Reggio Emilia, in questi anni, diviene teatro di un dibattito ricchissimo sull’educazione e l’infanzia e molte e diversificate sono le occasioni di formazione. Speciali sono gli interlocutori che con Malaguzzi e le scuole stabiliscono amicizie e affinità, tra gli altri Bruno Ciari e l’esperienza educativa bolognese, e Gianni Rodari, che dedicherà la sua Grammatica della fantasia proprio alla città di Reggio Emilia come ideale committente.
Il pensiero di Loris Malaguzzi si costruisce nei nidi e nelle scuole con i bambini, negli incontri con le insegnanti e con l’équipe pedagogica, negli incontri dei Consigli di Gestione dei nidi e delle scuole, nella sala del Consiglio Comunale con la stesura del nuovo Regolamento delle scuole dell’infanzia (1972), che sancisce gli elementi costitutivi dell’esperienza educativa reggiana. In questi anni viaggia per l’Italia e l’Europa, ascoltando suggerimenti e pensieri, tenendo sempre insieme più piani, intrecciando saperi.
Nel 1976 Loris Malaguzzi insieme a Ferruccio Cremaschi accetta la proposta della Fabbri Editori di dirigere una rivista per l’infanzia Zerosei. La rivista diventerà un luogo importante di confronto per le esperienze che si costruiscono nelle diverse città per il dibattito, sempre aperto, intorno alle politiche educative nazionali. Nel 1985 la rivista Zerosei diventa Bambini, pubblicata dalle Edizioni Junior, e Malaguzzi ne è direttore. Nel 1980 fonda a Reggio Emilia il Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia con l’intento di costituire una rete per il coordinamento, lo scambio e l’impulso alle esperienze che si stanno sviluppando nelle diverse aree del Paese.
Ne sarà il Presidente fino al 1994. Il pensiero di Loris Malaguzzi si sviluppa nel corso degli anni ’80, diventando sempre più un pensiero collettivo dell’esperienza educativa reggiana; si evolve con molte sfumature con i pedagogisti, gli insegnanti, gli atelieristi, i cuochi, il personale ausiliario, i genitori. Nel 1981 è ideatore della mostra L’occhio se salta il muro – Ipotesi per una didattica visiva (dal 1987 I cento linguaggi dei bambini – Narrativa del possibile), una sintesi delle idee, i pensieri e le sperimentazioni realizzate nei nidi e nelle scuole dell’infanzia. Le mostre contribuiscono a costruire una rete di relazioni internazionali sempre più ampia e strutturata.
Nel 1985, raggiunti i limiti di età, lascia la direzione dei nidi e delle scuole, e riceve un incarico dal Comune per continuare a collaborare su alcuni progetti dei nidi e delle scuole dell’infanzia reggiani e allo sviluppo della dimensione internazionale della mostra I Cento Linguaggi dei Bambini. Nel 1990 Malaguzzi progetta un importante Convegno internazionale: “Chi sono dunque io? Ditemi questo prima di tutto (Alice) – Saperi a confronto per garantire cittadinanza ai diritti e alle potenzialità dei bambini e degli adulti”. Nel 1991 la rivista Newsweek indica la scuola dell’infanzia Diana, in rappresentanza dei nidi e delle scuole dell’infanzia comunali di Reggio Emilia, tra le dieci scuole migliori del mondo. L’esposizione internazionale e mediatica cresce in maniera esponenziale. Malaguzzi è consapevole che l’esperienza educativa deve trovare nuove forme per accogliere le continue richieste di collaborazione, per tutelarsi e sviluppare maggiormente la ricerca. Da queste prime idee e pensieri prenderanno forma Reggio Children e il Centro Internazionale a lui dedicato. Loris Malaguzzi scompare il 30 gennaio del 1994.
